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La svogliata ed innata pigrizia del medico brasiliano Socrates


Un rompiscatole a fine carriera a tutta birra e sigarette


12/03/2006

di Cristian Vitali

Acquistando a peso d’oro Socrates, il Capitano della Nazionale brasiliana di allora, la Fiorentina puntava all’ennesimo, decisivo salto di qualità. All’epoca era un fuoriclasse, certo, ma anche un giocatore dal caratterino difficile (Laureato in Medicina e quindi medico, impegnato nel sociale, soprattutto poco propenso a piegarsi a nuove mentalità e metodi di allenamento giunto ormai alla soglia dei 30 anni), oltretutto ormai consolidatosi come regista, per una squadra che un regista svelto di passaggio e lento di piede, Eraldo Pecci, già lo possedeva. In quella Fiorentina, allenata da “Picchio” De Sisti, Socrates gioca in tutto 25 partite e segna 6 gol. Tutto sommato, un gran risultato per un giocatore praticamente fermo e che tocca la palla solo di tacco. Pare che in una partita amichevole in Brasile scommette di toccarla esclusivamente di tacco: la cosa incredibile è che ci riuscì. Purtroppo a Firenze la domenica il “Dottore” riposava: al massimo faceva un po’ di footing. Nessuno in quel di Firenze ricorda uno scatto o un tackle del “brasiliano con lode”; la leggenda vuole che la sua maglia al termine della partita conservasse ancora intatte le pieghe della stiratura. La sua più grande impresa – alcuni pensano fosse addirittura una sfida – fu di riuscire a segnare 6 gol nel campionato italiano, sempre e soltanto camminando. Ben presto il “Tacco di Dio” (un’altro dei suoi soprannomi), divenne fonte inesauribile di incazzature e bestemmie per i tifosi viola. Amante di sigarette e birra, ben presto i baristi smisero di fargli credito, i tabaccai di fronte alle sue richieste fingevano di aver esaurito le sigarette, gli intellettuali che prima facevano a gara per invitarlo gli chiusero in faccia le porte dei salotti. Insomma, per Socrates la vita a Firenze divenne ben presto un inferno. A fine stagione non cerca la prova d’appello, quasi disinteressandosi della sua magra esperienza in viola. Il giorno della sua partenza, a uno sparuto gruppo di cronisti il “Dottore” dichiarò di non essersi quasi mai divertito nel calcio italiano. Una specie di involontaria rivelazione sulla mentalità con cui aveva affrontato questa esperienza. E considerato che era stato strapagato per vincere, più che per divertirsi, qualcuno ci rimase male. Ma non tutti: provate a chiederlo ai baristi e ai tabaccai fiorentini.


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