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Il duplice omicidio di Attilio Romero: prima Meroni, poi il Toro!


Ecco le tragiche ed assurde fatalità di cui fu protagonista


08/08/2009

di Cristian Vitali

E’ convinzione diffusa che il destino, visto come l’insieme di tutti gli eventi (inevitabili?) che accadono in una linea temporale, sia un potere irresistibile che determina il futuro di ogni singolo individuo. Esistono diverse correnti di pensiero in merito ma, in linea di massima, quelle principali sono due. Secondo la prima, tutto è semplicemente “già scritto”. In base alla seconda, invece, tutto è determinato dalla volontà umana (basti pensare al detto “ognuno è padrone del proprio destino”). A sentire la vicenda che stiamo per raccontare, pare molto difficile sposare quest’ultima. Negli anni 60 Luigi Meroni detto “Gigi” era una meravigliosa Ala destra con trascorsi nel Como e nel Genoa; nel 1964 si trasferì al Torino. Tre anni più tardi era all’apice della sua carriera: grintoso e combattivo, dotato di un bagaglio tecnico notevole e dal dribbling ubriacante, con le sue importanti prestazioni era anche entrato nel giro della Nazionale. Entrò da subito anche nel cuore dei tifosi perché seppe incarnare perfettamente lo spirito granata, grazie alla sua notevole generosità, ad uno spiccato agonismo e, tutto sommato, anche per le sue stravaganze fuori dal campo. Era un personaggio fuori da ogni schema: un ribelle, un anarchico, un provocatore. Tanto per far capire di chi stiamo parlando, la stampa lo avvicinò nientemeno che a Omar Sivori. Addirittura nel 1967 una rivolta dei tifosi fece sfumare un contratto principesco da circa 800 milioni di Lire offerto dalla Juventus per il suo acquisto. Insomma, era un campione predestinato al successo. La tragedia era però inaspettatamente in agguato: è il 15 Ottobre di quello stesso anno, una domenica come tante in cui il Toro si impone per 4-2 sulla Sampdoria. Quel giorno in campo c’era Meroni e sugli spalti, tra i tanti spettatori, era presente Attilio “Tilly” Romero, un giovanissimo (19 anni) e sfegatato tifoso granata figlio di un primario, grande fan dello stesso Meroni. La sera stessa i loro destini s’incrociarono in maniera tanto tragica quanto beffarda. Meroni, assieme al compagno di squadra Poletti, si stava recando presso un locale in Corso Re Umberto a Torino. I due, cercando un momento buono per passare nel traffico, attraversano avventatamente la strada: Poletti fu urtato di striscio da una Fiat 124 Sport Coupé, mentre Meroni ebbe la peggio, colpito in pieno alla gamba sinistra dalla stessa vettura. L’impatto fu tremendo: Gigi cadde dalla parte opposta della carreggiata, dove fu poi travolto da una Lancia che stava sopraggiungendo proprio in quel preciso istante. Quella sera si chiuse prematuramente per lui la carriera e la vita: la morte giunse poco più tardi in Ospedale, a causa delle gravissime fratture riportate. Il neopatentato conducente della Fiat, che si fermò a seguito dell’impatto, rimase in stato di shock. Il suo nome? Attilio Romero. Proprio quello stesso tifoso che aveva seguito sugli spalti la partita pomeridiana del Torino, investì inconsapevolmente il suo idolo provocandone il decesso. Fu interrogato dalla Polizia ma non ne uscirono implicazioni a suo carico, pertanto tornò, alquanto traumatizzato, nella propria abitazione, proprio in Corso Re Umberto, a poche decine di metri dal luogo del tragico incidente. Altra fatale coincidenza. Guarda caso, la domenica successiva è in programma il derby della Mole: e ciò che vi accade entra di diritto nella leggenda. Un Torino sotto shock decide lo stesso di giocare la gara; i granata vincono 4-0, cosa mai più successa nel derby, con tre reti di Combin, il miglior amico di Gigi. Ad arrotondare il già largo punteggio ci pensa Carelli, un esordiente che indossa la maglia numero 7, guardacaso quella di Meroni. Un fatto straordinario, nella disgrazia. Ma la festa è bandita, ovviamente: c’è spazio soltanto per lacrime e bandiere ammainate a lutto. Intanto gli anni passano, ma la gente non dimentica: ancora oggi i tifosi di Gigi portano fiori in sua memoria nel punto in cui fu investito. Allo stesso modo anche il destino (sempre lui) dimostra di essere un’abile quanto diabolico tessitore di trame. Nel 2000 si concretizza il passaggio di proprietà del Torino nelle mani dell’industriale Cimminelli, proprietario della Ergom, azienda in orbita Fiat. Il quale pone sulla scrivania della presidenza proprio quel Romero, 52 anni, colui il quale anni prima aveva investito la “farfalla” granata. Questo singolare fatto espose la società a pesanti critiche da parte dei tifosi che attribuivano ancora al neopresidente la responsabilità dell’accaduto. «La mia vita è sempre stata intrecciata con le vicende del Torino, nei momenti lieti e in quelli tragici. Meroni era per me un idolo, avevo la mia camera da letto tappezzata di sue fotografie e quel giorno portavo una sua foto anche sulla mia auto». Eppure, altro fatto increscioso, secondo Cristiana, la compagna di Meroni all’epoca dei fatti, con l’arrivo di Romero il Torino smise di mandare fiori sulla tomba del giocatore nel giorno del suo compleanno, una tradizione che resisteva da sempre. Una strana contraddizione. Ecco spiegata una vicenda che, nel suo insieme, ha dell’incredibile. Secondo Romero, la sua ascesa alla presidenza del Toro “era scritta”, come fosse un modo per chiedere scusa al popolo granata ma anche per prendersi una rivincita su un destino infame. Il tempo ci dirà che, nonostante le buone intenzioni manifestate (evidentemente false), al peggio non c’è mai fine. In tutta questa storia – neanche fosse la trama di un romanzo di successo – c’è qualcosa di diabolico, che sfugge da ogni immaginazione. Cimminelli, sempre a braccetto con Romero, darà parecchie dimostrazioni della sua incapacità con scelte impopolari, spesso condite con affermazioni di puro disprezzo per i tifosi del Toro, non facendo mistero della sua simpatia per i colori juventini. Detto ciò, l’epilogo di questa storia non può che essere infelice. I primi anni del nuovo millennio, complice una gestione disgraziata e una dirigenza capace solo di fare promesse senza mantenerne davvero nessuna, coincidono con il periodo più nero della centenaria storia del Torino Calcio. Nel 2005, al termine di un campionato culminato con la conquista sul campo della Serie A in finale playoff contro il Perugia, la gioia dei supporter di fede granata viene subito strozzata a causa della notizia del fallimento. E’ il culmine di questa triste e toccante vicenda, per molti versi “sfigata”, di Attilio “Tilly” Romero, che resterà nella storia per aver perpetrato ben due gravissimi reati nella storia del calcio italiano: l’uccisione di Gigi Meroni e la “morte” del Torino Calcio (in concorso con Cimminelli), caduto sotto i colpi di una gestione finanziaria disastrosa. L’aver spezzato le ali della “farfalla” granata ha rovinato la vita di quello scapigliatissimo personaggio, che a sua volta ha cancellato le sorti del Toro, peraltro quasi in concomitanza con il centenario dalla fondazione. Adesso il Toro ha un conto aperto con la sfortuna, di cui né è diventato uno dei principali creditori.


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