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Addio a Cimminelli: lui come Schettino


Morto l’odiato ex padrone del Toro, quello che lascio’ alla deriva la “nave” granata portando il club al fallimento


29/01/2012

di Cristian Vitali

In questi giorni non si parla d’altro: la tragedia della Costa Concordia nei pressi dell’Isola del Giglio e soprattutto il suo Comandante, Francesco Schettino, ritenuto responsabile dell’incidente. All’indomani del fattaccio, le mail di mezzo mondo sono intasate di scherni al suo indirizzo, facilmente caduto sulla gogna mediatica: “Un passo avanti ondeggiando, un altro indietro affondando, scappo con il pattino, sono Capitan Schettino!”. Un uomo che – da quanto è emerso finora – oltre ad aver compiuto una serie di leggerezze, si è reso responsabile dell’abbandono della sua nave proprio nel momento più critico.
Un pò quel che successe al Torino Calcio quando, ormai derelitto, carico di debiti e abbandonato a se stesso da un pò di tempo, conobbe l’onta peggiore che un glorioso club calcistico potrebbe subire: il fallimento, frutto di anni di gestioni scriteriate, quelli del “patron” Franco Cimminelli
. Già, lui era il padrone e non il Presidente, non lo fu mai. Perchè così volle quando acquistò lo storico club nel 1999, per poi lasciarlo quando cadde, oberato dai debiti, nel 2005.
Sette anni dopo, il recente 23 gennaio, se n’è andato anche lui, Franco, nel più assoluto silenzio. Calabrese trapiantato a Torino, aveva 75 anni, ed era ricoverato da alcuni giorni in condizioni disperate per un’emorragia cerebrale. La morte di una persona merita rispetto, ci mancherebbe, e per questo è giusto unirsi al cordoglio della famiglia. Ma nel ruolo di padrone del Toro ha lasciato dietro a sè solo dolore e sofferenze ai tifosi e agli appassionati di una squadra, quella granata. Quegli stessi tifosi ed appassionati che oggi, nel web, di fronte alla notizia della sua scomparsa, mostrano solo odio ed indifferenza.
Chi semina vento raccoglie tempesta
: troppe sono state le scelleratezze compiute da Cimminelli al Toro, e oggi, alla notizia della sua dipartita, quel rancore mai sopito torna inevitabilmente a galla. E non potrebbe essere altrimenti, per uno che comprò il Toro controvoglia solo per ragioni legate al suo lavoro. Lui, infatti, era un uomo in orbita Fiat, poichè proprietario della Ergom, ditta che produce materiali plastici per le vetture del Lingotto. Fiat uguale Juventus, gli odiati “cugini”, e lui stesso non ebbe il pudore di nascondere la sua fede bianconera. Ciononostante, pare che acquistò il Toro per compiacere Cantarella, il Marchionne di allora alla Fiat, e grande tifoso granata. Lo fece per accattivarsi le simpatie dell’uomo che lo faceva lavorare di più. E questo ci potrebbe anche stare, ma poi fece di tutto per inimicarsi il popolo granata. Dichiarò senza peli sulla lingua di non essere interessato ai granata e di tifare Juve. Non ricoprì mai la carica di Presidente, nominando in sua vece un certo Attilio Romero, ardente tifoso del Toro, ma con due macchie: ex portavoce di Gianni Agnelli, fu colui il quale, quarant’anni prima, investì ed uccise un certo Gigi Meroni, la “farfalla” granata. Come darsi la zappa sui piedi da soli. Inoltre storpiava i nomi dei giocatori, e non era un grande comunicatore, era a disagio anche nel sorridere ed era abile, ça va sans dire, nel creare imbarazzi ed equivoci calcistici decisamente sgradevoli. Riuscì addirittura a definire «quattro coglioni che ancora vanno a piangere a Superga» i tifosi del Toro.
Ma anche a livello personale non fece granchè: solitamente molti imprenditori si buttano sul pallone – che si, sa, è un investimento a perdere – per aumentare la propria visibilità e quindi allargarne gli orizzonti lavorativi. Lui, invece, non riuscì neanche in questo. Dopo il crack del Toro, nel 2007 la Ergom fu rilevata dalla Fiat, e di lui non ne abbiamo più sentito parlare, se non per le conseguenze penali: patteggiò una condanna per 2 anni e 8 mesi. Punto. Poi, sette anni dopo, la morte. Una morte che riapre vecchie ferite, causate dalla cancellazione del club granata dopo 99 anni di storia dal panorama calcistico nazionale.
Andando a leggere nel sito ufficiale del Torino, oggi si legge: “Il Presidente Urbano Cairo, insieme a tutto lo staff del Torino Football Club, partecipa sentitamente al dolore della famiglia per la scomparsa di Franco Cimminelli”. Due scarne righe di comunicato, il minimo sindacale, si potrebbe dire. Ma non potrebbe essere altrimenti. E chiedere alla squadra di portare il lutto al braccio, se me lo consentite, è davvero troppo. Troppo, per uno che non ha mai amato il Toro e che fece un pò come il Comandante Schettino: abbandonò la nave granata guardandola affondare senza far nulla per cercare di salvarla. E’ per questo che oggi è rimasto solo odio e rancore nei suoi confronti. Chi semina vento raccoglie tempesta. Ma se il vessillo del Toro ne ha viste davvero tante, è caduto e ha saputo rialzarsi, perchè ha la scorza dura del combattente, e chi lo ama è abituato a soffrire e non permetterà mai che qualcuno possa ammainarne la gloriosa bandiera.


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