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Surjak, Zico e quei legni maledetti del “Friuli”


La controversa avventura in bianconero dello slavo, mortificato da pali e traverse ed accantonato per far posto a “sua maestà” Antones Coimbra Zico


12/02/2021

di Cristian Vitali

La sua esperienza in Italia è stata controversa. L’avventura di Udine non è stata delle più felici, in termini di numeri: rimase solo una stagione e addirittura fu costretto a restare inattivo l’anno seguente per far posto ad una “stella” del firmamento mondiale. Eppure tutti lo ricordano con affetto. Ed è per questo che ho ritenuto opportuno non realizzare una Scheda tutta sua su Calciobidoni: troppo definirlo Bidone, forse troppo poco annoverarlo tra le Meteore. Stiamo parlando di Ivica Surjak, che arrivò all’Udinese di Franco Dal Cin (quello che riuscirà poi a portare a Udine la “stella” di cui sopra: un certo Zico) nella Stagione 1982/83. Si trattava di uno “stangone” di 1,90 che giocava come centrocampista d’attacco; si segnalò nell’Haiduk Spalato e fu eletto Miglior Calciatore slavo del 1976. Nel 1981 finisce al Paris Saint Germain e l’anno seguente gli si spalancarono le porte dell’Udinese, attratto dall’interessante prospettiva di misurarsi con il campionato italiano. Le cronache dell’epoca riferiscono che si integrò molto bene, non risentendo dell’impatto con la nuova, importante realtà, ma ci fu una cosa che in Italia non gli riusciva, nonostante fosse un suo acclarato punto di forza: il calcio di punizione.

PALI E TRAVERSE — Infatti, ciò che era per lui un must, un biglietto da visita conclamato, a Udine divenne quasi una maledizione: all’atto di calciare una punizione, infatti, questa si stampava puntualmente su pali o traverse. Su questo, almeno, era estremamente preciso. Fatto sta che l’allenatore dell’Udinese, tale Enzo Ferrari (quella della Reggiana retrocessa nel 1994/95, con Antonio Pacheco e Rui Aguas), mangiò la foglia quando si accorse che questa strana tendenza avveniva in special modo quando si giocava in casa, al “Friuli”. Capì che la speciale attitudine di Surjak non poteva essersi eclissata in un batter d’occhio, e comunque la precisione con cui puntualmente colpiva i legni era quantomeno sospetta. Intuì che poteva esserci qualcosa sotto: fece allora misurare le dimensioni delle porte montate al Friuli, ed ecco che saltò fuori il motivo per cui Surjak si era abbonato ad andare solo ad un soffio dalle realizzazioni su calcio da fermo: le porte dello Stadio locale erano più piccole rispetto al regolamento di 4-5 centimetri. Proprio quello che bastava per evitare allo slavo di “metterla dentro” con regolarità. E allora, per ovviare al problema, in tutta fretta – e rigorosamente senza far sapere nulla a nessuno – il tecnico le fece ripristinare nella dimensione corretta. Anche perché il problema non era solo di natura “tecnica”; le dimensione errate avrebbero potuto incocciare nei regolamenti della Federazione, che avrebbe inevitabilmente inflitto multe o, peggio ancora, sanzionato quella che è da considerarsi una irregolarità anche con penalità più o meno pesanti.
ARRIVA IL PIU’ GRANDE — Tuttavia, pur avendo rimosso questo insolito handicap, le prestazioni del buon Ivica non decollarono completamente e lo score dello slavo si chiuse con 29 presenze in campionato, 1 in Coppa Italia e solamente due reti all’attivo (entrambe al “Friuli”, in altrettanti pareggi per 1-1, contro Roma e Pisa). Fu tuttavia questo singolare episodio la dimostrazione che Surjak aveva del talento, anche se a Udine, anche per questo motivo, non le dimostrò appieno. Aveva firmato un contratto biennale, ma nell’Estate del 1983 il vulcanico Dal Cin stava architettando nientemeno che il passaggio di Antunes Coimbra Zico all’Udinese, un colpo senza precedenti, soprattutto per una provinciale, sul cui trasferimento, però, si mise in mezzo la Lega, creando una situazione di impasse perché, a suo dire, l’Udinese non poteva garantire la copertura finanziaria per l’acquisto. Il popolo friulano si ribella, scende materialmente in piazza a protestare, nel frattempo la Società prepara nei dettagli il ricorso, ma il tempo scorre. Datosi che, al tempo, erano previsti solamente due stranieri in “rosa” (e l’Udinese aveva già l’ottimo Edinho), il buon Surjak fu trattenuto finché la trattativa per Zico non si fosse definitivamente sbloccata.
STIPENDIO DA FERMO — E così, lo slavo perse un anno, retrocesso nelle gerarchie a riserva del brasiliano, o meglio a riserva dell’ombra del brasiliano, poiché ancora non si sapeva se il suo arrivo fosse concreto o una trattativa destinata a sfumare. Divenne così una sorta di disoccupato d’oro: un anno da fermo a 300 milioni di Lire senza giocare una partita, senza mai neppure lasciare la città. Un turista. Curiosamente, il 22 giugno 1983 Zico disputerà la sua prima gara con l’Udinese, un’amichevole con il Flamengo: il brasiliano entra in campo al 40’ del primo tempo proprio al posto di Surjak per quello che sarà, a tutti gli effetti, il passaggio di consegne tra i due. Quando Ferrari chiede il cambio lo Stadio esplode in un boato. Surjak per l’occasione segnò la sua ultima rete in bianconero. Se ne andò nel Luglio 1984, a bordo di una Rolls Royce “Phantom 6”. In fondo, neppure tanto da sconfitto, ma comunque finalmente libero da una gabbia dorata che aveva finito per abbassarne inevitabilmente le quotazioni. Ebbe a dire, lasciando Udine: «Non sono certo finito, voglio giocare per altri due anni». Ci riuscirà a metà, una sola stagione con il Real Saragozza, in Spagna, con 4 reti all’attivo. Le due stagioni all’Udinese, seppur così agli antipodi – una da titolare, l’altra completamente in “naftalina” – finirono per condizionarne definitivamente la carriera.


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