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Da Portaluppi a Gabigol, i bidoni più grandi del calcio italiano


Il campionato di Serie A è stato uno dei più belli, se non il più avvincente degli anni ‘80 e ‘90, quando i campioni facevano la fila per giocare nelle squadre del Belpaese. Oggi, tuttavia, questa sensazione è andata scemando, sia per la situazione disastrosa degli stadi, sia perché le società non hanno mantenuto alto il livello.


07/11/2018

di Redazione

Il campionato italiano di Serie A è stato uno dei più belli, se non addirittura il più avvincente degli anni ‘80 e ‘90, quando i grandissimi campioni facevano la fila per giocare nelle squadre del Belpaese. Oggi, tuttavia, questa sensazione è andata scemando, sia per la situazione disastrosa degli stadi, molti dei quali non sono di proprietà delle squadre, sia perché le società non hanno mantenuto alto il livello. Milan e Inter, soprattutto, spiccano come le due grandi realtà che sono sprofondate negli ultimi anni. Ma anche durante gli anni migliori del calcio italiano, la grande tendenza di acquistare i cosiddetti bidoni, ossia dei calciatori che arrivavano con l’etichetta di fenomeni e poi non rendevano neanche la metà di quanto ci si aspettasse, non è mai svanita. Sia negli anni ‘80 sia negli anni ‘90, il periodo d’oro della Serie A, tanti sono stati i giocatori che hanno deluso e non poco i tifosi del calcio italiano, arrivando spesso anche a coprirsi di ridicolo. Andiamo a vedere quali sono stati i casi più eclatanti al riguardo.

IL SIMPATICO PORTALUPPI — Brasiliano, quindi per molti dotato di grande tecnica soltanto per provenire dal paese più virtuoso del mondo a livello calcistico, Renato Portaluppi approdò alla Roma nella stagione 1988-89 con addosso l’immagine del funambolo. Proveniente dal Flamengo, andò a segno per ben 3 volte nelle prime 5 partite, per poi fermarsi di colpo. Impalpabile e senza carattere, nonostante in patria fosse un calciatore molto ammirato, Portaluppi a Roma fu etichettato subito come bidone, sebbene poi in seguito si rifece una carriera in patria tornando proprio al suo amato Flamengo. Dato che il calcio è beffardo e strano, l’ex romanista si sarebbe poi laureato campione della Libertadores, la Champions League dell’America Latina, sia da calciatore che da allenatore, in entrambi i casi con la maglia del Gremio. Si vede che era allergico all’Europa e che riusciva a farsi valere solamente in Sudamerica, più esattamente in patria. Ciò che però lo caratterizzava era la sua grande simpatia, in campo e fuori, come ben ricordano i suoi ex compagni di squadra romanisti, che ne apprezzavano la goliardia. Da tutti indicato come un “bon vivant”, perché amante della bella vita, Portaluppi si fece notare molto di più fuori che dentro il campo durante la sua tappa italiana. Evidentemente, aveva preso il tutto più come una vacanza che come un lavoro.
PANCEV, ATTACCANTE SENZA GOL — Può un calciatore campione d’Europa rivelarsi un bidone tutto a un tratto? Se prendiamo in considerazione le prestazioni di Darko Pancev con l’Inter nel bienno 1992-1994 la risposta è sicuramente sì. L’attaccante macedone, che nell’estate dopo il suo passaggio dalla Stella Rossa alla squadra nerazzurra aveva fatto sognare i tifosi dell’Inter con una serie di reti messe a referto durante le amichevoli estive, era arrivato ad Appiano Gentile come un centravanti dal goal facile, come evidenziato dalla sua condizione di Scarpa d’oro nella stagione 1990-91, anno nel quale vinse la Coppa dei campioni con la Stella Rossa. Il numero 9 macedone era il classico centravanti d’area che non si interessava molto dell’azione fino a quando il pallone non arrivava in zona goal; eppure all’Inter sembrava aver del tutto dimenticato come si andasse in rete. Soprannominato il Cobra, in seguito sarebbe passato al soprannome Ramarro per via della sua involuzione, qualcosa di incredibile se si guardano le statistiche precedenti al suo passaggio all’Inter: dagli 84 gol con la Stella Rossa Pancev passò a segnarne solo uno con l’Inter. E pensare che al suo arrivo era convinto che avrebbe spaccato tutto: «Il mio punto di forza è la velocità in area. Quando il pallone arriva dalle mie parti, non perdono». Si vede che l’estrema fiducia nei suoi mezzi giocò un cattivo scherzo al macedone. I tifosi dell’Inter, squadra con molte probabilità di finire tra le prime quattro del campionato quest’anno, come ben indica la quota di 1,3 del 24 ottobre delle scommesse sportive specializzate, ricorderanno sempre con molta ironia questo attaccante che in Italia non era riuscito per niente ad ambientarsi. Anche se non è stato l’ultimo.
GABIGOL, DI NOME MA NON DI FATTO — Arrivato in pompa magna ad Appiano Gentile un paio di anni fa, Gabigol è un altro bidone che i tifosi nerazzurri hanno dovuto sopportare. Per di più, a differenza di Pancev, porta nel nome quell’obiettivo per il quale è stato ingaggiato, ossia il gol, la finalizzazione di ogni azione di calcio, il punto che ti permette di portare a casa la vittoria. Colui che all’anagrafe si chiama Gabriel Barbosa, aveva ottenuto il suo soprannome in patria, dove comunque non aveva mai spiccato per essere un ottimo realizzatore. I suoi 24 goal nel Santos in 83 incontri non erano certamente un biglietto da visita importante per un centravanti, eppure l’Inter aveva creduto in lui, sborsando ben 30 milioni di euro per il suo cartellino. Dopo aver messo a segno solo un gol in 9 partite nella prima stagione e non aver dimostrato alcun tipo di carattere vincente, il brasiliano è stato mandato in prestito prima al Benfica e poi di nuovo al Santos, squadra nella quale è tornato a segnare con frequenza: i 14 centri in 27 incontri realizzati quest’anno hanno fatto pensare molto i dirigenti dell’Inter, che potrebbe sempre cercare di riprenderlo per l’anno prossimo, quando inizierà il mercato di gennaio.

Ciò che è certo è che ogni epoca del calcio italiano ha avuto il suo bidone, perché il calcio vive di corsi e ricorsi storici.


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