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Le due facce di Milano: bidoni in nerazzurro, campioni in rossonero


E’ il Milan a trarre beneficio dagli scambi tra le milanesi


18/12/2008

di Cristian Vitali

E’ un fenomeno interessante: gli scambi di giocatori tra compagini rivali appartenenti alla stessa città ci sono sempre stati, ma nel tempo si sono intensificati sempre più. E’ interessante analizzare questo fenomeno in particolare tra l’Inter e il Milan, le due formazioni calcistiche della città di Milano, capitale della moda. E proprio una moda sembra essere diventato questo valzer di scambio di casacche. Tralasciamo per un attimo il famoso discorso delle “Plusvalenze”, che ha coinvolto anche e soprattutto giocatori giovani e sconosciuti, militanti nelle formazioni “Primavera”, in bilancio valutati con valori a dir poco gonfiati. Ci addentriamo nel discorso puramente tecnico di questi scambi, concentrandoci sui giocatori maggiormente noti coinvolti in questo bizzarro “traffico”. Negli anni 80 all’Inter scartarono Franco Baresi a favore del fratello: sappiamo tutti come andò a finire. Fulvio Collovati, bandiera designata sin dalle giovanili, vinse anche lo Scudetto della stella ma, dopo la seconda retrocessione in B, preferì rinnegare il Diavolo e si vestì di nerazzurro. Negli anni 90 “El segna semper lu”, Maurizio Ganz, idolo e trascinatore dell’Inter, bomber rapace e smaliziato, leggero fisicamente ma crudele in zona gol, passa al Milan, non senza qualche polemica. Altri tempi: il fenomeno che analizziamo è figlio del nuovo millennio, caratterizzato dai bilanci truccati, ingaggi stratosferici e dalle pay-tv. Quel che si può notare è che in questi famigerati scambi, è quasi sempre il Milan a trarne beneficio, da un punto di vista tecnico. Si libera di un “Bidone”, o comunque di una mezza figura, ricevendo in cambio dagli odiati “cugini” un giocatore considerato come tale dai nerazzurri ma che, invece, in rossonero si rigenera diventando un vero e proprio campione. Tutto ebbe inizio con lo scambio tra Andrea Pirlo, che nell’Estate del 2001 passò al Milan, e Andres Guglielminpietro detto “Guly”, che intraprese il percorso inverso: questa fu clamorosa. Pirlo, considerato una promessa incompiuta, fu mortificato all’Inter proprio dall’allenatore che lo aveva valorizzato all’Under 21, Marco Tardelli, che disse: «Se io fossi in lui e ci fosse una squadra che mi desse una maglia da titolare sicuramente andrei via». E così ha fatto, per sua fortuna: al Milan Ancelotti lo piazzò genialmente davanti alla difesa, sfruttando le sue geometrie eleganti e precise al millimetro, facendolo diventare in breve tempo un elemento imprescindibile dei rossoneri e della Nazionale. Guly, invece, già in netta fase calante in rossonero – dopo essere stato la fugace sorpresa del Milan che vinse lo Scudetto nell’anno del centenario – con la maglia dell’Inter si perse nella nebbia della sua fascia di competenza (in quelle poche gare in cui giocava). Sempre nel 2001, Christian Brocchi dall’Inter passò a Milanello, mentre Drazen Brncic andò alla Pinetina. Il buon Christian aveva fatto vedere ottime cose a Verona, poi all’Inter sembrava essersi incarnato in suo fratello (minore). Da quando andò al Milan, nonostante non fu impegnato molto, seppe comunque ritagliarsi uno spazio importante evidenziando un rendimento sempre eccellente. Inutile dire qualcosa sul croato, che all’Inter non interessava proprio, visto che lo spedivano sempre altrove (prima ad Ancona, poi a Venezia). Memorabile fu l’estate del 2002, allorquando Clarence Seedorf passa dall’Inter al Milan, e in cambio Francesco Coco effettua il percorso inverso. Seedorf diventa un titolare inamovibile dello scacchiere rossonero di Ancelotti, una delle pedine più preziose e costanti, mentre per Coco è l’inizio della fine. Subisce un’involuzione per cui arriva a giocare solo qualche scampolo di partita, per poi finire al Livorno, dove decide di ritirarsi prematuramente, in piena crisi d’identità. Stessa estate, stessi effetti: il croato Dario Simic passa in rossonero, mentre il turco Umit Davala abbandona i colori per Milan per indossare il nerazzurro. Non stiamo certo parlando di due fenomeni, ma se vogliamo essere obiettivi il croato è molto meglio del turco: infatti, se quest’ultimo la maglia dell’Inter non l’ha mai indossata – visto che preferirono lasciarlo partire – il terzino fu molto utile alla causa milanista. Infatti, incarnò alla perfezione il rincalzo di lusso, facendosi trovare sempre pronto nel momento del bisogno, per poi tornare tranquillamente dietro le quinte senza fare alcuna polemica. E sull’altra sponda del Naviglio ha vinto praticamente tutto. Poi c’è il caso di Thomas Helveg. Il difensore milanista, dopo aver trascorso qualche anno alla corte di Zaccheroni prima e di Ancelotti poi, era passato all’Inter garantendo la bellezza di 6 milioni di plusvalenza al Milan. La società di Moratti l’ha subito ceduto in prestito. Indovinate a chi? Ma al Milan, ovviamente. E per un prezzo simbolico: 1.000 Euro. Morale della favola: Helveg è tornato al punto di partenza, ma il Milan ha incassato un lauto profitto contabile. E negli stessi giorni un altro difensore, questa volta Cyril Domoraud, ha fatto il percorso inverso: dall’Inter al Milan, con oltre 6 milioni di plusvalenza per i nerazzurri. Il Milan l’ha poi messo da parte cedendolo in prestito in Francia. L’Inter però, grazie ai “cugini”, aveva già messo in bilancio il guadagno. Come cambia il corso degli eventi, con il passare degli anni. Il fenomeno “Plusvalenza” è figlio dei nostri tempi. In questo marasma c’è anche Taribo West, che dopo un paio di stagioni all’Inter passa come “meteora” nel Milan ma è comunque amatissimo dai tifosi. L’ultimo a compiere il “tradimento” è stato Christian Vieri, ma questa è un’altra storia: non ci sono stati scambi di mezzo, questa volta. E’ quindi sotto gli occhi di tutti che gli “scarti” dell’Inter, prontamente “riciclati” al Milan, una volta indossata la maglia rossonera sembrano subire una sorta di metamorfosi che da tristi ed incompresi interpreti del proprio ruolo li trasforma in stelle di primo piano. Una volta, ad Adriano Galliani, fu chiesto il motivo di tutti questi scambi; non potendo evidentemente dire la verità cercò di cavarsela rispondendo con una improbabile freddura: «Ci scambiamo i giocatori con l’Inter perché le loro mogli e fidanzate sono ormai abituate a vivere a Milano e non saprebbero più farne a meno». In realtà, mente sapendo di mentire, ma intanto se la ride sotto i baffi. Come tutti i tifosi rossoneri: e tanto basta.


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