Tutto il peggio del calcio italiano tra equivoci, errori clamorosi e “papere” storiche. Dal 1980 ad oggi.

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— Intervista a Cristian Vitali di Calciobidoni.it
Rubrica «Tutto Calcio che Cola»


Puntata n. 50 di «Tutto Calcio che Cola»: Intervista a Cristian Vitali di Calciobidoni.it


17/03/2015

di Simone Cola

1000cuorirossoblu.it

Uno dei siti di riferimento per ogni appassionato di calcio — e delle storie che racconta questo sport — che si rispetti è senz’altro Calciobidoni.it, che racconta (come recita lo stesso sito) «Tutto il peggio del calcio italiano tra equivoci, errori clamorosi e “papere” storiche. Dal 1980 ad oggi». Dalla riapertura delle frontiere, dunque, da quando le società italiane ebbero il graduale permesso di ingaggiare calciatori stranieri finendo poi per farsi prendere la mano e ritrovandosi a ingaggiare veri e propri scarponi, ognuno dei quali con la sua improbabile storia sportiva e umana. Le racconta con grande bravura e dovizia di particolari il blogger e scrittore Cristian Vitali, vero e proprio “esperto di bidoni d'importazione”, svelando chi erano questi calciatori, quali erano le aspettative che li circondavano e come è stata la loro carriera in Italia e successivamente.

Calciobidoni è una vera e propria perla per ogni appassionato di calcio. Per chi ha passato la trentina è un ottimo modo per restare al passo con le miriadi di bidoni che ogni anno arrivano nel nostro campionato e respirare ancora il calcio degli anni ’80 e ’90, in cui certe pippe indecorose hanno fatto storia; per chi è più anziano è un modo per rivivere le imprese di improbabili calciatori a cui ha assistito anche dal vivo; per i più giovani, infine, un modo per scoprire un calcio che comunque adesso non c’è più, visto che seppure i bidoni continuino ad arrivare a getto continuo nel nostro campionato difficilmente potranno ripetersi storie come quelle di Van Utrecht del Padova e di Luis Silvio della Pistoiese. Il primo, olandese, venne ingaggiato dal Padova per via di una sorella piacente, il secondo dopo aver fallito alla Pistoiese fu oggetto di vere e proprie leggende metropolitane che lo vedevano prima nei panni di un gelataio e poi addirittura di un attore porno. Tutto questo io l’ho scoperto grazie al sito di Cristian, che è servito da ispirazione per me e moltissimi altri che si dilettano a scrivere di calcio. Non si pensi a un sito demenziale, però. Per quanto ovviamente l’ironia trapeli spesso nelle pagine di Calciobidoni.it, chi lo segue dai primi tempi può senz’altro aver percepito la crescita di contenuti e la serietà con cui comunque vengono trattati anche argomenti importanti: Vitali si dimostra un vero esperto e appassionato di calcio a 360°, trattando anche argomenti come recensioni di libri a tema calcistico e importanti avvenimenti del calcio attuale. Le storie dei bidoni, poi, sono ottimamente documentate: anni, presenze, gol, cosa hanno fatto prima e dopo l’esperienza italiana. Non manca niente. Degna di nota poi è l’assegnazione del «Calciobidone», una sorta di risposta al Pallone d’Oro della FIFA. Un sito divertente, davvero imperdibile e così ricco di contenuti da perdercisi. Ho contattato Cristian, che è stato così gentile da concedermi un’intervista. Per me, suo fan della prima ora, è ovviamente un enorme piacere ospitarlo qui su 1000cuorirossoblu.

Ciao Cristian, per cominciare raccontami qualcosa di te. Chi è la mente dietro Calciobidoni.it?

«Mi auguro di aver dato un’immagine seria e positiva, nonostante l’innegabile maschera canzonatoria: perché proprio come dicevi tu d’accordo l’ironia, ma la satira è una cosa seria! (passami la contraddizione, che poi è vera). Mi spiego meglio: anche gli argomenti “leggeri” vanno trattati in maniera precisa. Non voglio prendere in giro nessuno, bensì tramandare ai posteri quello che c’è stato, quello che è successo o che non è successo, con quel pizzico di ironia, neanche tanto velato, che fa parte del gioco, per sdrammatizzare e a raccontare a 360° la storia di un giocatore. E per questo, sono molto importanti anche le leggende metropolitane: seppur bufale, però girano, se ne parla, e contribuiscono in maniera determinante a creare il mito del campione al contrario. E per questo invito i tifosi a raccontarmi le dicerie che si raccontano e tramandano in curva, relativi ai bidoni che hanno vestito la maglia della propria squadra del cuore. Per me è come manna dal cielo, non potendo frequentare tutti gli Stadi d’Italia. Perdonami la lunga premessa, ma era doverosa. Non amo molto parlare di me, vado per i 35, ho una famiglia e un lavoro. Mi diletto come Blogger e scrivo anche su Fantagazzetta, un sito fatto bene da giovani competenti, ma ho sempre poco tempo. Sarebbe bellissimo farlo per lavoro. Ma oggi il mondo del giornalismo è allo sfacelo. Dietro il mio Sito ci sono io, al 100%. Ho provato tramite i Social Network ad invitare qualcuno a scrivere su Calciobidoni, ovviamente gratis. Ma finora non mi ha risposto nessuno. Sarei ben felice di pubblicare storie interessanti scritte da qualche appassionato, anche perché il sito lo aggiorno poco e mi piacerebbe invece riuscire a fornire notizie con maggiore frequenza».

Come è nato il sito?

«Questo l’ho raccontato molte volte. Nel 2005 imparai il linguaggio del web e nacque questo Sito come “tester” per un esame. Alla fine piacque a molti che mi esortarono a completare l’opera mettendolo online. E così feci, quindi decisi di impegnarmici in pianta stabile visti i tanti attestati di stima e le citazioni in vari giornali e riviste. Alcuni giornalisti mi hanno confidato che praticamente Calciobidoni tra di loro si è ricavato una nicchia importante. È in pratica un database importante cui ricavare notizie per realizzare articoli. Pensa che un Libro dedicato ai novanta anni di storia del Pisa, scritto da giornalisti del luogo (che io reperii dato l’interesse per l’argomento: si intitola “Campioni e Bidoni”), riportava una scheda dell’ex Caraballo presa integralmente dal mio sito. Ma non citarono la fonte, e me ne dispiacqui. Me ne accorsi per caso e mi scrissero del “disguido” scusandosi per l’inconveniente. Ci ho messo una pietra sopra. Ma ci rimasi male pure quando uscì “Da Andrade a Zagorakis”, scritto da 30 autori diversi, ognuno dei quali raccontava una storia il cui protagonista era il proprio “bidone” preferito. Ci rimasi male perché avrei collaborato volentieri e anche gratis, perché comunque con i libri non si guadagna, a meno che non ti chiami Bruno Vespa o Ken Follett. Molti mi hanno definito uno dei più grandi esperti di “bidoni”, io non mi ritengo tale però in fondo qualcosa l’ho fatto, in questo argomento o settore, come vuoi definirlo. Non credo di essere presuntuoso, anche perché quel libro l’ho recensito nel mio sito. Sono sempre stato uno che fa e incita a fare. Ma spesso non ho trovato corrispondenza. E poi una ragazza sempre in quel libro parlò di Roberto Luis Trotta asserendo che fosse un attaccante, mentre in realtà era un difensore, e non arrivò certo per sostituire un giovanissimo Totti, lasciato in panchina, ma per comandare la difesa. Errori abbastanza macroscopici, eppure lei ha avuto questa occasione. Mi sono sentito quasi come Tomas Milian quando girarono “Il Ritorno del Monnezza” con Claudio Amendola senza fargli fare neppure un cameo. Io, in fondo, ho aperto una strada. Non dico di averne il copyright, ci mancherebbe, ma partecipare a delle iniziative si, e molto volentieri. Anche perché credo di averne un minimo di competenza. Credo di aver colpito nel segno con un neologismo: da qualche tempo sento chiamare i cosiddetti “bidoni” appunto come “calciobidoni”, termine che, forse, rende meglio l’idea. Segno che il mio lavoro, negli anni, ha trovato un diretto riscontro».

Qual'è la prima storia che hai raccontato? E quella, secondo te, che nessuno deve perdersi?

«Diciamo che sono più di una, perché per iniziare ho pensato prima di creare un pò di materiale, altrimenti sarebbe stato piuttosto scarno. I primi che pubblicai furono i profili di Aaltonen, John Aloisi, Anastopoulos, Andrade, Andreas Andersson, Bartelt, Beloufa, Calderon, Luis Silvio... Quelli che mi ricordavo meglio e che mi attirarono di più. Proprio quest’ultima è la storia più succosa, quella del brasiliano della Pistoiese, squadra che mi è sempre stata simpatica: una storia unica nel suo genere, densa di leggende e dicerie, cui si avvicina solo quella di Caraballo del Pisa, che allevava conigli in casa».

Secondo te perché le squadre italiane continuano imperterrite a collezionare bidoni?

«Ti rispondo con un’altra domanda: perché il calcio italiano permette a un club indebitato fino al midollo, il Parma, di far passare la mano a un industriale albanese il quale, a sua volta, lo cede dopo neanche quindici giorni a una persona sconosciuta (Manenti) che non sembra davvero avere le capacità finanziare per poter sostenere un club del genere? Le cose succedono perché in Italia finisce sempre tutto a “tarallucci e vino”. Siamo un popolo dedito al fancazzismo e che non prende (e non fa) le cose seriamente. Nel 2002 la Fiorentina fu ammessa straordinariamente in C2 e si ritrovò poi direttamente in B, la Lazio avrebbe dovuto fallire e non successe, lo stesso Parma nel 2004 fallì e fu l’unica società ad usufruire della Legge Marzano, che riguarda misure per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza. E mantenne la categoria, come nulla fosse successo. Cambiò solo l’A.C. in F.C. nella denominazione e nel marchio. Ma nel 2005 fallì il Toro e poté usufruire del Lodo Petrucci, panacea nel frattempo concepita dati i precedenti, ripartendo però solo dalla Serie B dopo aver vinto la finale per la promozione. Poi fu sospeso. E adesso club come Triestina e Treviso ripartono dall’Eccellenza o addirittura dalla Promozione. Un gran casotto insomma. Regole poco chiare e male applicate».

Hai scritto un bel libro a riguardo: “Calciobidoni - Non comprate quello straniero”. Che esperienza è stata? Dobbiamo aspettarci altre uscite “aggiornate”?

«Ti ringrazio, è stata una bella esperienza perché un libro era uno dei miei sogni. Ringrazio la Piano B che ha scommesso su di me, del tutto esordiente. Ho una gran voglia di pubblicare altro, mi misi subito a scrivere il seguito, vado a rilento per gli impegni lavorativi e per la vita di tutti i giorni, ma il problema è trovare un Editore disposto a pubblicarti. Oltre al seguito di Calciobidoni, ho altri progetti su cui cerco di dedicarmi nel tempo libero: un libro sui presidenti padri-padroni del calcio di provincia, uno proprio sui fallimenti delle società, uno su episodi “sbagliati” del calcio, che si ricollegano all’essenza di Calciobidoni: il peggio, il marcio, lo sbagliato, l’errore. Il lato più umano e più vero del calcio. E vorrei intervistare Luca Giovannone, l’imprenditore ciociaro che tentò di prendere il Torino ma poi fu assediato dai tifosi che avevano già acclamato Cairo. Un giorno ci riuscirò. Ed ora ho quasi finito “Tutti i bidoni dell’Inter di Moratti”. Qualcuno è interessato???».

Com'è cambiata la fenomenologia di bidoni dagli anni '80 ad oggi?

«Si è completamente stravolta. Il bidone negli anni ottanta e novanta, fino all’Era Bosman, era molto più affascinante. Ce n’erano pochi, c’erano maggiori aspettative su ognuno e quindi la delusione si pativa di più. Fallire in Italia, poi, era un vero marchio d’infamia. Avevano maggiori responsabilità e i riflettori erano puntati tutti su di loro. Adesso ci sono più stranieri che italiani, molti io non li ho nemmeno mai sentiti. Ce ne sono alcuni che se ne sono andati nel giro di un mese, hanno giocato un’amichevole, una gara e via. Uno dei tanti, e avanti un altro. Poi magari succede come Pinilla, giovanissimo al Chievo, una manciata di partite e bidone. Poi ti ritorna 10 anni dopo ed è quasi fenomeno. E giocatori che nel calcio minore hanno transitato in una miriade di squadre giocando sempre poco. No, non riesco più a seguire tutto. E a raccontarne le storie, perché sono quasi tutte uguali. Prima erano più succose».

Qual'è la squadra più famosa per la sua collezione di bidoni? E quella che ne ha avuti di più tutti insieme?

«Perché secondo te ho intenzione di dedicare un libro ai bidoni dell’Inter di Moratti? Nel ventennio in cui è stato Presidente è si riuscito a vincere, ma ce n’è voluto! Bastava che qualcuno gli suggerisse un nome qualsiasi e l’ingaggio era assicurato! Per non parlare del suo pupillo, Recoba, che di talento ne aveva ma che non era adatto a una grande squadra, troppo discontinuo. E ha praticamente campato di rendita, visto l’ingaggio che percepiva, sproporzionato rispetto al suo reale valore. Mecenati come Moratti non ce ne sono molti».

Il Bologna e i bidoni: che storia è?

«Una storia di grande affetto, nonostante tutto. Nel senso che i bidoni che sono passati di lì, bene o male hanno fatto emergere la parte romantica dei rossoblu. Molti nonostante tutto, vengono ricordati non con imprecazioni, ma con un sorriso ironico. Penso soprattutto a Eneas, che alla fine divenne quasi una mascotte e poi quando morì molti se ne rattristarono a Bologna. O ad Aaltonen, da pippone a cervellone. Alcuni dicono addirittura che dietro i successi della Nokia c’era lui. Oppure Rubio, Waas, Meghni. Gente che viene ricordata più come “sfortunata” che come pippe vere e proprie. Bologna è la Dotta, e l’intelligenza del tifo la si è sempre vista. Nonostante tutto, grandi disordini, violenze od offese non me ne ricordo. E’ da lodare la civiltà, che dovrebbe comunque esserci in ogni frangente sportivo».

Qual'è stato per te il bidone più bidone di tutti nella storia del calcio italiano?

«Ne cito sempre tre, di epoche diverse. Per la prima parte Luis Silvio e Caraballo, frutto del pressapochismo e delle scarse informazioni che si potevano reperire all’epoca. Nel dopo Bosman, invece, il cinese Ma Ming Yu è unico. Unico perché è stato proprio il primo e l’unico cinese del calcio italiano. E poi perché solo Gaucci avrebbe potuto comprare un vecchietto che sembrava alla frutta solo per “aprire” il mercato alla Cina e vendere maglie e sciarpe pure lì. E’ del 2000, eppure sembra molto più indietro nel tempo. Le Leggende metropolitane su di lui si sprecano. Ma, consentimi, se con Luis Silvio furono equivoci ed incomprensioni, in questo caso i dubbi e le prese in giro furono del tutto legittime».
Saluto Cristian con emozione. Per me, che cerco le storie dentro le carriere più sfortunate, lui e il suo sito sono stati un punto di riferimento, e un pò è senz’altro merito suo se oggi scrivo e conosco anche diversi aneddoti. Persona semplice e grande appassionato, mi ha davvero fatto un’ottima impressione. Il suo sito è imperdibile, veramente, correte a visitarlo. E se vi va dategli un feedback, raccontategli una storia. Ne sarà contento. Saluto Cristian ma lo ritroverò domenica sempre su 1000cuorirossoblu. Insieme a lui, infatti, ho stilato la «Flop 11» degli stranieri più improbabili che hanno vestito la maglia del Bologna. Ne sentirete delle belle. Giovedì dunque non perdete l’appuntamento con me e con Cristian Vitali!


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